Il caso del deputato Pozzolo ha ravvivato un dibattito importante sul possesso di armi da fuoco.
La curiosità che è emersa è che in realtà non sappiamo quante armi da fuoco circolano in Italia legalmente detenute, perché esistono diversi regimi di detenzione alcuni monitorati altri no.
Per acquistare un’arma e tenerla in casa, infatti, basta un nulla osta, anche se per portarla in giro è necessario un verso e proprio porto d’armi.
Pozzolo, secondo alcuni organi di stampa, avrebbe posseduto un vero arsenale ed in effetti, a legislazione vigente, con un porto d’armi è possibile avere molte armi da fuoco.
Personalmente sono rimasto sorpreso della facilità con cui si può accedere a molte armi nel nostro paese e quante ce ne sono secondo le stime.
Più di 1,2 milioni di italiani hanno il porto d’armi (un italiano su 50!), e ognuno di questi può detenere fino a 12 armi da fuoco (!).
Di questi più di 600mila circa hanno il porto d’armi per caccia, più di 500mila (in crescita) per attività sportiva (tiro a segno) e pochissimi per difesa personale.
La prima riflessione è che se ci fossero più di mezzo milioni di appassionati di tiro a segno in Italia questo sarebbe forse il secondo sport nazionale dopo il calcio.
È evidente che si tratta di una finzione.
Considerando le difficoltà ad ottenere armi per difesa personale, si aggira la legge.
Da economista suggerisco un rimedio utile.
Chi vuole praticare lo sport deve dimostrare di farlo attivamente, con un minimo di formazione obbligatoria annuale e deve pagare una congrua imposta annuale per le esternalità imposte implicitamente dal rischio addizionale che provoca (si veda dopo).
Queste norme dovrebbero essere poi vigilate attivamente dalle forze dell’ordine.
Giusto per capire se si pratica o se si vuole solo un’arma da mostrare agli amici a capodanno per fare il gradasso.
I rischi di cui parlo sono abbastanza evidenti nei casi recenti, ma è meglio circostanziarli statisticamente.
A farlo ci ha pensato Giorgio Beretta (il massimo esperto di queste questioni in Italia).
Il tasso di omicidio in Italia oscilla tra 0,5 e 0,6 per centomila abitanti all’anno.
Dei 300 omicidi circa registrati ogni anno, 30 avvengono con armi da fuoco registrate legalmente.
Rapportato al numero di cittadini legalmente abilitati a portare armi da fuoco questo dà una propensione ad uccidere (0,75 per 100mila) che è significativamente più elevata della media.
D’altronde il rapporto tra armi e crimini violenti è abbastanza certo, considerando le differenze enormi di omicidi nelle società avanzate e non, tra paesi con un grande diffusione di armi (soprattutto nelle Americhe) e paesi con minore diffusione (soprattutto in Europa).
Con un’unica grande eccezione: la Svizzera; un paese con moltissime armi da fuoco e tassi di criminalità violenta bassi.
Lascio al lettore determinare se, con molte pistole in più, l’Italia somiglierebbe di più agli Stati Uniti, con tassi di omicidio più di 10 volte superiori ai nostri o alla Svizzera (con omicidi su scala comparabile alla nostra odierna).
Le proposte ricorrenti di liberalizzare o semplificare ulteriormente l’accesso alle armi da fuoco sono semplicemente irresponsabili.
Non hanno peraltro motivazioni nemmeno nel presunto allarme sociale, siamo infatti secondo le statistiche del Ministero dell’Interno da anni uno dei paesi meno violenti d’Europa (anche per femminicidi).
Abituati ad essere sempre in fondo ad una classifica, farà piacere agli italiani sapere che le nostre città sono quelle in cui è meno probabile essere uccisi.
A che pro quindi armarsi, se non al massimo di uno spray urticante?
Una ultima considerazione riguarda chi chiede un porto d’armi.
Al di là dei pochi casi in cui la richiesta è davvero giustificata, ad esempio per il rischio oggettivo di rapine e aggressioni violente, personalmente sarei piuttosto restio a concedere un’arma proprio a chi la richiede con più insistenza.
Direi che costui, più probabilmente di chi non la vuole, manca dei requisiti di equilibrio che sono necessari a giustificarne la concessione.
Il caso di Pozzolo illustra bene questa affermazione.
Meglio, quindi, da tutti i punti di vista trovare le maniere giuste per assicurarsi che le armi non vadano nelle mani sbagliate e che si possano detenere solo sotto circostanze molto restrittive.
Nel bellissimo film ‘La Vita a modo mio’ (Nobody’s fool) un giudice americano replica a un poliziotto che richiede il ritiro dell’arma a Paul Newman per la sua storia da piantagrane in maniera memorabile: ‘Conosce la mia politica sulle armi: una volta che l’hai concessa a un idiota devi darla a tutti, altrimenti il gioco non è equo’.
Ecco, fermiamoci prima che diventi necessario darla a tutti e per tutti doverla richiedere.








